Conformità edilizia e catastale negli atti di compravendita

Quando si è in procinto di vendere il proprio immobile, tra i requisiti più importanti affinché si possa procedere al rogito senza problematiche vi è la preventiva verifica della conformità URBANISTICA e CATASTALE.

Che cosa sono?!

Mi preme anzitutto chiarire che sono due aspetti indubbiamente diversi, pur in un certo qual modo correlati tra di loro (almeno nella pratica) ed attinenti allo stesso “soggetto”, cioè l’immobile da compravendere per l’appunto.

Detto questo, sfatando un “credo” molto diffuso, quantomeno tra i non addetti ai lavori, voglio precisare che:

A nulla vale come riferimento “probatorio” (cioè come elemento di prova) della legittimità urbanistico-edilizia la rappresentazione fornita dalla planimetria catastale, in quanto tale elaborato attiene ad una documentazione che rileva ai soli fini fiscali.

Quindi se fino ad oggi pensavate di poter affermare la regolarità del vostro immobile basandovi sulla sola corrispondenza del medesimo con quanto riportato nella “piantina catastale”, sappiate che paradossalmente vi possono essere fabbricati completamente abusivi (cioè realizzati senza alcun titolo abilitativo edilizio) regolarmente accatastati, ma il fatto che lo siano non implica alcunché riguardo alla loro regolarità urbanistica.

Ma andiamo con ordine…

La conformità urbanistica…

meglio conosciuta come “conformità urbanistico-edilizia” attiene alla corrispondenza tra lo stato di fatto dell’immobile e il complesso dei titoli abilitativi edilizi che hanno interessato l’immobile a partire dalla sua costruzione sino all’attualità.

In buona sostanza l’edificio ove è compresa l’unità immobiliare, dovrà essere dotato in primis di un titolo abilitativo edilizio a seguito del quale è stato costruito (Permesso, Licenza, Concessione), questo se edificato dopo il 31 Ottobre 1942 all’interno del centro abitato e nelle zone di espansione eventualmente individuate nel piano regolatore comunale (Art. 31 L. n° 1150/1942 Cd. “Legge fondamentale dell’urbanistica”) .

Salvo rari casi in cui l’obbligo di licenza edilizia previgeva al 1942 (per effetto dall’obbligatorietà prevista dai regolamenti edilizi di cui alcuni Comuni si erano già dotati – è il caso ad esempio di Firenze, Roma, Napoli, etc.), tutto il patrimonio edilizio costruito, trasformato o ampliato prima della suddetta data è da ritenersi comunque LEGITTIMO, così come sono da ritenersi tali le opere di “costruzione, ampliamento, modifica e demolizione” eseguite prima del 1 Settembre 1967 al di fuori dei centri abitati e dalle zone di espansione previste dal PRG comunale.

Al fine di accertare la conformità urbanistica, oltre alla  originaria licenza di costruzione, sarà poi necessario verificare la sussistenza di eventuali altri titoli abilitativi edilizi riguardanti l’immobile e/o l’unità immobiliare depositati a legittimazione di successive opere edilizie (ampliamento, modifica, demolizione).

Le suddette verifiche dovranno quindi riguardare in special modo i fabbricati edificati all’interno del centro abitato e nelle zone di espansione individuate dal PRG per opere eventualmente eseguite dal 1942 ad oggi.

Diversamente per gli edifici costruiti al di fuori del centro abitato ed esternamente alle zone di espansione, la Legge n° 1150/1942 non rendeva perentoria alcuna licenza.

Tale obbligo si è esteso a tutto il territorio comunale solo con l’entrata in vigore della Legge “Ponte” n° 765/1967, quindi solo per le costruzioni iniziate dopo il 1 Settembre 1967.

Per semplificare quanto sopra ed in estrema sintesi:

Edifici ANTE 31/10/1942 DAL 31/10/1942 DAL 1/09/1967 
AL 31/08/1967 AD OGGI
 

COSTRUZIONI

e

TRASFORMAZIONI EDILIZIE

siti DENTRO al centro abitato o ubicate in zone di espansione individuate dal PRG non occorreva la licenza* occorreva la licenza occorre la licenza
siti FUORI dal centro abitato o esterne alle eventuali  zone di espansione individuate dal PRG non occorreva la licenza
*Salvi i casi diversamente disciplinati da eventuali strumenti urbanistici previgenti alla Legge 1150/1942 (PRG, Regolamenti Edilizi, etc.) adottati in determinati comuni italiani.

Un aspetto molto importante da chiarire a tal riguardo, risulta la “formula” spesso molto utilizzata negli atti di compravendita che attiene proprio all’identificazione temporale dell’epoca di costruzione dell’immobile:

Tale locuzione nata a seguito del disposto dell’Art. 40 Legge 47/85 (con il quale veniva espressamente imposta la citazione negli atti di compravendita immobiliare degli estremi della licenza o della concessione ad edificare o della concessione rilasciata in sanatoria), è stata spesso e volentieri “mal gestita” nell’ambito di molti atti, soprattutto per quel che riguarda la possibilità conferita dallo stesso articolo, di produrre, in luogo degli estremi della licenza edilizia, una dichiarazione sostitutiva di atto notorio, rilasciata dal proprietario, attestante che l’opera fosse appunto iniziata in data anteriore al 1ºsettembre 1967.

Il risultato che spesso ne è derivato, è stato quello di “sfruttare” questa semplificazione in modo “distorto e scorretto”: infatti limitarsi a dichiarare questa condizione non implica certamente che lo stato di fatto al momento della vendita risulti pienamente conforme allo stato progettuale legittimo allegato alla licenza edilizia!

Più di una volta nel corso della mia attività professionale mi sono imbattuto in casi di l’immobili “plurivenduti” mediante detta “celeberrima formula”, per i quali le ricerche edilizie esperite hanno però rilevato difformità edilizie dovute all’esecuzione di opere successive alla costruzione, non legittimate da alcun titolo abilitativo, o addirittura a “varianti in corso d’opera” apportate durante la stessa edificazione senza il prescritto deposito del progetto in variante.

Cosa occorre fare se a seguito delle verifiche urbanistiche fossero riscontrate difformità edilizie parziali o totali?

In questo caso si aprono diversi “scenari” la cui risoluzione non è certa e va valutata “caso per caso” andando ad approfondire la peculiarità che ciascuna situazione generalmente comporta.

Tuttavia è possibile ipotizzare il percorso nei casi più “semplici” come quelli che attengono a difformità parziali riguardanti piccole opere interne (quali spostamento di pareti, apertura di porte interne su pareti non portanti, etc), per i quali generalmente tali problematiche si risolvono positivamente.

Al riguardo ho raccolto alcune informazioni utili in un recente articolo “Lievi difformità edilizie: come regolarizzarle?” al quale rimando il lettore onde approfondire il caso.

Indubbiamente in questi casi il rogito notarile deve essere rimandato a data da destinarsi e potrà avvenire solo a seguito della regolarizzazione delle incongruenze edilizie emerse.

La conformità catastale

attiene invece alla corrispondenza tra lo stato di fatto dell’immobile con la planimetria depositata in atti, ma anche con la rispondenza dei relativi dati identificativi catastali e quelli inerenti categoria, classe e consistenza nonché rendita.

Tale verifica utile all’univoca identificazione (sia in termini di ubicazione del bene che in termini di dati rilevanti ai fini tributari) dell’immobile da compravendere, già in parte prevista dalla  Legge n° 52/1985, è stata “ampliata” con l’entrata in vigore del D.L. n°78/2010 ( art. 19 comma 14).

Quest’ultima norma impone, a pena di nullità dell’atto, che in occasione delle ipotesi sopra menzionate, sia effettuata una doppia verifica di coerenza:

  • COERENZA OGGETTIVA a carico del venditore, il quale DICHIARA (sotto la sua propria responsabilità, con rilevanza penale in caso di falsità ai sensi dell’Art. 76 della Legge n° 445/2000) la corrispondenza dei dati catastali (foglio, particella, subalterno, categoria, classe, consistenza, rendita) e della rappresentazione planimetrica dell’immobile. In tale ipotesi detta dichiarazione può essere sostituita da un’attestazione di conformità a firma di un tecnico abilitato (geometra, ingegnere, architetto);

  • COERENZA SOGGETTIVA a cura del Notaio rogante, il quale “previa disamina” ne accerta la correlazione con l’immobile compravenduto;

Naturalmente, come nel caso di difformità urbanistiche, nel caso in cui a seguito dei controlli insorgessero delle incongruenze, l’atto definitivo potrà essere stipulato solo a seguito delle necessarie regolarizzazioni catastali.

In questo caso però, generalmente  è possibile procedere in modo più veloce e “meno indolore” rispetto al caso urbanistico, depositando una denuncia di variazione catastale ovvero, in taluni casi, anche più semplicemente chiedere all’Ufficio del Territorio dell’Agenzia delle Entrate (Ex Agenzia del Territorio alias “Catasto”) la correzione di eventuali dati non congruenti mediante apposita istanza in autotutela, qual’ora fossero per esempio semplicemente da allineare situazioni pregresse con l’attualità.

Conclusioni…

Le obbligazioni a cui il venditore va in contro nell’ambito della compravendita dell’immobile, non sono assolutamente di poco conto, in quanto presentano risvolti di notevole impatto economico e non solo: dalla richiesta di risarcimento danni sino alla possibilità di vedere annullato l’atto di compravendita, per non parlare delle conseguenze penali previste dell’Art. 76 della Legge n° 445/2000 in caso di dichiarazioni mendaci.

Ma soprattutto è da sfatare il “comune credo” molto diffuso che rivolgendosi ad un Notaio e pagandolo (come sento dire spesso “profumatamente”), egli diventi in “assoluto” l’esclusiva figura garante dell’operazione di trasferimento immobiliare.

Infatti, tra le competenze del Notaio, vi è certamente quella di attribuire pubblica fede (cioè il valore di prova legale) ai contenuto dell’atto che stipula, limitandosi però a:

  • prendere  atto della volontà e di quanto dichiarato delle parti in merito al trasferimento del bene;
  • accertare che l’atto sia valido e quindi conforme alla Legge;
  • che le obbligazioni da questo scaturenti non comportino effetti pregiudizievoli per l’acquirente, derivati da eventuali vincoli o da diritti di terzi (Es. ipoteche, pignoramenti, servitù, prelazioni, ecc.).

Quindi tale figura pur assolvendo ad un controllo formale di tipo “soggettivo” (in quanto pur con i limiti delle proprie competenze egli verifica che ogni aspetto attinente l’immobile sia regolare e rispondente alla normativa), non potrà mai sostituirsi alle dichiarazioni rese da parte venditrice in merito allo status del bene di Sua proprietà.

Pertanto è bene tener presente che pur in presenza di questa autorevole figura “garante”, restano comunque potenzialmente “aperti” diversi scenari, almeno sotto il profilo “urbanistico” e “catastale” che sfuggono alle precise competenze di detto professionista e che invece restano “in capo” al venditore.

Per questo, in considerazione della complicata natura di ciò che quest’ultimo è tenuto a dichiarare, considerando che egli (generalmente) non è persona preparata e competente per effettuare una approfondita analisi di conformità in merito agli aspetti anzidetti, è buona regola affidarsi ad un tecnico professionista esperto in materia che dopo aver esperito i necessari accertamenti, possa dare la più ampia garanzia di conformità sotto il profilo urbanistico-edilizio e catastale.

Ho descritto tale attività “tecnico-investigativa” in un articolo di ultima pubblicazione “Acquistare casa in modo sicuro con “due diligence e conformità immobiliare”, al quale rimando il lettore per una più approfondita analisi del tema.

A seguito di tutto quanto esposto ritengo quindi sempre consigliabile (ancorché ad oggi non ancora obbligatorio per Legge) far predisporre la relazione di conformità immobiliare, possibilmente anche prima di mettere in vendita la casa in modo tale da scongiurare eventuali problematiche, per esempio (un caso classico) quello di posticipazione dell’atto per sopraggiunte difformità edilizie e/o catastali, magari dopo che si è già stipulato un preliminare dove come venditori ci siamo già impegnati a concludere un rogito entro una certa data e ciò diventa impossibile a causa di “tempi tecnici” non compatibili.

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