Piscine pertinenziali: quali permessi edilizi occorrono?!

Ci stiamo affacciando alla bella stagione e scommetto che molti di voi, almeno quei fortunati possessori di un abitazione dotata di giardino, stanno pensando di realizzare una piscina pertinenziale allo scopo di allietare le prossime calde giornate estive con freschi bagni e pieno relax.

In questo articolo tratterò l’argomento non tanto dal punto di vista realizzativo bensì, andrò ad analizzarlo sotto il profilo puramente burocratico, individuando cioè quelle che sono le prerogative di legittimità urbanistico-edilizia di una piscina Cd. “pertinenziale” in funzione delle sue caratteristiche costruttive.

Piscina pertinenziale: quali sono i requisiti…

Anzitutto occorre porre in evidenza il concetto di “pertinenzialità” sotto il profilo strettamente urbanistico, ovvero considerare che detto manufatto per definirsi tale (pertinenziale), deve essere “intimamente correlato” ad un edificio principale (monofamiliare o plurifamiliare che sia) ed essere “non solo preordinato ad un’oggettiva esigenza dell’edificio principale e funzionalmente inserito al suo servizio, ma anche sfornito di un autonomo valore di mercato e non incida sul <<carico urbanistico>> mediante la creazione di un “nuovo volume” (Cons. Stato, Sez. IV, 2 febbraio 2012, n. 615, cit.)”. Tale è l’orientamento giurisprudenziale prevalente recentemente confermato anche dalla Sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI n. 5180 del 10 novembre 2017.

In considerazione di quanto sopra manca la natura pertinenziale del manufatto (piscina), quando questo insista “su un’area diversa ed ulteriore rispetto a quella già occupata dal precedente edificio” (es. un terreno su cui non insiste alcun edificio legittimo e preesitente).

Presupposto tale profilo giuridico, c’è da dire che la normativa nazionale in materia T.U. Edilizia D.P.R. 380/2001, annovera tale “concetto” contemplando la realizzazione di manufatti pertinenziali tra gli “interventi di nuova costruzione”subordinati a Permesso di Costruire (art. 10 comma 1 lett. “a”), considerandoli propriamente come una “trasformazione edilizia e urbanistica del territorio” che abbia carattere di rilevanza e permanenza.

Dopo la suddetta dovuta premessa entriamo nel vivo della questione in quanto, tu lettore, ti  starai giustamente ancora chiedendo…

Ma la piscina è un manufatto o un arredo, pertinenziale? Serve o no il permesso?

Parlare di “piscina”, per quanto poi il fine sia il medesimo (ovvero creare un “rinfrescante invaso d’acqua”), può assumere connotazioni profondamente diverse urbanisticamente parlando, in funzione sia della tipologia di manufatto da realizzare/installare, ma soprattutto in relazione alla permanenza (o meno) che il suddetto può assumere nel tempo.

Per dare una concreta risposta ai suddetti quesiti, risulta quindi essenziale domandarsi se la piscina che si intende costruire:

  • apporterà una “trasformazione del territorio” (inteso come suolo o terreno), in ragione delle opere da predisporsi per realizzarla/installarla?
  • avrà carattere temporaneo, ovvero utilizzo limitato e circoscritto nel tempo (presupposto che implica in successivo facile smontaggio), oppure no?!

Dal connubio di tali due aspetti ne consegue la risposta alle domande iniziali.

Per semplificare andiamo ad analizzare i due casi generalmente più frequenti…

Piscine stabilmente collocate e permanenti

Sono quelle realizzate a servizio “duraturo” dell’edificio principale e generalmente presentano un invaso parzialmente o totalmente interrato anche di consistenti dimensioni (sia in termini di superficie che di profondità), nonché delle infrastrutture impiantistiche accessorie (filtri, pompe, dosatore di cloro, quadro di comando, etc.), installate in modo organico e stabile, entro o fuori terra, in appositi vani tecnici di più o meno limitate dimensioni.

Tale tipologia è ovviamente sottoposta a Permesso di Costruire costituendo una trasformazione rilevante sotto il profilo urbanistico, in quanto compiuta per mezzo di opere di sbancamento o più generalmente modifiche morfologiche del terreno ove posizionare/realizzare la struttura di contenimento, ed anche perchè “duratura” nel tempo (Cass. Sez. III n. 25631 del 6 luglio 2010).

Voglio precisare che, quando sopra ho identificato la tipologia come “invaso parzialmente o totalmente interrato”, non ho inteso qualificare indirettamente quelle realizzate “totalmente fuoriterra” escluse dal Permesso di costruire, anzi: anche in quest’ultimo caso, ove la costruzione/installazione presentasse la medesima rilevanza edilizia (già descritta) e il carattere di manufatto duraturo nel tempo, è parimenti soggetta al citato permesso edilizio.

Non è comunque da escludersi che, in talune Regioni, in “alternativa” al suddetto P.d.C. sia possibile optare per la SCIA (Segnalazione certificata d’Inizio Attività), ciò sulla base del principio di “legislazione concorrente” previsto dal comma 2 Art. 10 del suddetto D.P.R. 380/01.

Nella Regione Toscana la L.R. 65/2014 contempla tale specifica come opera comportante la trasformazione permanente di suolo inedificato (Art. 134 comma 1 lett. “m”), in perfetta sintonia al T.U., quindi eseguibile con Permesso di Costruire.

Piscine smontabili ad utilizzo prettamente stagionale

Sono quelle che si acquistano comunemente “in kit” nei negozi di bricolage e articoli da giardino, con invaso in plastica, di tipo “gonfiabile”, oppure con struttura a “telai astiformi”, ovvero (meno frequentemente) a “pannellature” semirigide. La loro caratteristica principale è quella di essere facilmente assemblabili e altrettanto smontabili, ed inoltre semplicemente appoggiate al suolo su telo protettivo o al massimo sabbia di allettamento. Presentano generalmente dimensioni piuttosto contenute e sono dotate di impianti accessori molto essenziali (solo pompa ed filtro), i quali vengono posizionati in aderenza all’invaso appoggiati anch’essi al terreno in sede esterna.

E’ parere generale (ma non univocamente condiviso) che tale tipologia sia da ritenersi non soggetta ad alcun permesso, quantomeno sotto il profilo urbanistico, state il carattere di “precarietà” che tale manufatto assume, tanto da essere assimilabile ad un “elemento di arredo pertinenziale” di un edificio (Art. 6 comma 1 lettera “e-quinquies” D.P.R. 380/01) e come tale appunto eseguibile senza alcun titolo abilitativo.

In Toscana, pur in mancanza di una “precisa” qualità discriminante (anche e soprattutto in relazione alle dimensioni del manufatto), rispetto a quanto già previsto per la tipologia Cd. “permanente” (Art. 134 comma 1 lett “m”), è stabilito, dall’Art. 137 della suddetta L.R., che:

Sono privi di rilevanza urbanistico- edilizia le opere, gli interventi e i manufatti non incidenti in modo significativo o permanente sulle risorse del territorio, per i loro oggettivi caratteri di precarietà costruttiva e facile amovibilità o in ragione della temporaneità di installazione 

condizione che fa supporre appunto che le piscine di tipo amovibile dal carattere costruttivo precario e di uso temporaneo, possano essere escluse da quelle soggette a P.d.C. .

E’ bene precisare però, a questo proposito, che ove e qual’ora una piscina “smontabile e facilmente amovibile”, venisse artificiosamente integrata con altre opere di tipo murario (ad esempio un coronamento perimetrale in muratura stabilmente infissa al suolo e magari racchiudendo gli accessori impiantistici in un seppur piccolo volume tecnico) i presupposti di irrilevanza urbanistico-edilizia verrebbero meno, anche in ragione della connotazione “stabile e duratura” che assumerebbe il manufatto nel suo complesso.

In ciascuno dei due casi attenzione però…

Tutto quanto sopra indicato risulta valido salvo il rispetto delle eventuali prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali, e comunque in ossequio delle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia (norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienicosanitarie, di quelle relative all’efficienza energetica , di tutela dal rischio idrogeologico, nonché delle disposizioni contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al D.Lgs. 42/2004, etc.).

Quindi, per fare un esempio, prima di realizzare/installare la piscina, dovrà comunque essere preliminarmente accertata la fattibilità valutando anche la sussistenza di eventuali “prescrizioni regolamentari” vigenti nello specifico territorio ove giacerà il manufatto (Regolamento Edilizio Comunale).

Allo stesso modo, ove e qual’ora l’intervento dovesse ricadere in zona soggetta a qualsiasi vincolo urbanistico (paesaggistico, idrogeologico, demaniale, etc.) dovranno essere effettuate le dovute valutazioni di compatibilità ed acquisiti le necessarie autorizzazioni ove occorrenti (situazione da stabilirsi caso per caso).

A tal proposito appare opportuno, onde chiarire meglio quest’ultimo aspetto, entrando nel merito di alcune di queste fattispecie particolari che andrò di seguito ad approfondire.

Piscine in aree tutelate dal vincolo paesaggistico

L’attuale regolamentazione attuativa in tema di autorizzazione paesaggistica, demandata al DPR 31/2017 (che ho già avuto modo di introdurre nel recente articolo Interventi edilizi in zona paesaggistica), ha individuato due “liste” piuttosto esplicite di opere edilizie: quelle espressamente “escluse” dall’autorizzazione paesaggistica (TABELLA A), e quelle assoggettate ad autorizzazione semplificata (TABELLA B).

Peccato che tra le 73 casistiche trattate nei due documenti, delle piscine non venga mai fatta espressa menzione.

Detto questo e “tagliando corto”, onde non annoiare troppo il lettore, posso dire che facendo una complessa analisi critica di tipo comparativo (cioè ponendo a confronto le varie categorie di intervento contemplate nelle due tabelle), andando quasi per “esclusione”, personalmente sono giunto alla conclusione, con non poca difficoltà, che la categoria che meglio rappresenta il manufatto pertinenziale in esame (in ambito residenziale), sia per ciascuna delle due “tipologie” anzidette la seguente:

TIPOLOGIA CATEGORIA LIMITAZIONI
Piscine stabilmente collocate e permanenti
B.18. interventi sistematici di configurazione delle aree di pertinenza di edifici esistenti, diversi da quelli di cui alla voce;
B.14, quali: nuove pavimentazioni, accessi pedonali e carrabili, modellazioni del suolo incidenti sulla morfologia del terreno, realizzazione di rampe, opere fisse di arredo, modifiche degli assetti vegetazionali;
B.24. posa in opera di manufatti parzialmente o completamente Interrati quali serbatoi e cisterne, ove comportanti la modifica permanente della morfologia del terreno o degli assetti vegetazionali, comprese le opere di recinzione o sistemazione correlate; posa in opera in soprasuolo dei medesimi manufatti, con dimensioni non superiori a 15 mc, e relative opere di recinzione o sistemazione;
Piscine smontabili ad utilizzo prettamente stagionale
A.12. interventi da eseguirsi nelle aree di pertinenza degli edifici non comportanti significative modifiche degli assetti planimetrici e vegetazionali, quali l’adeguamento di spazi pavimentati, la realizzazione di camminamenti, sistemazioni a verde e opere consimili che non incidano sulla morfologia del terreno, nonché’, nelle medesime aree, la demolizione parziale o totale, senza ricostruzione, di volumi tecnici e manufatti accessori privi di valenza architettonica, storica o testimoniale, l’installazione
di serre ad uso domestico con superficie non superiore a 20 mq, a condizione che tali interventi non interessino i beni di cui all’art. 136, comma 1, lettera b) del Codice;
SONO ESCLUSE:

le ville, i giardini e i parchi, non tutelati dalle disposizioni della Parte seconda del D.Lgs. 42/2004, che si distinguono per la loro non comune bellezza.

In questo caso l’intervento necessità di autorizzazione semplificata secondo quanto stabilito al punto B.14

Voglio precisare ancora a tal riguardo, che la mia disquisizione e fonte di una valutazione del tutto personale e di ordine generale, pertanto “limitata” ai casi più frequenti e non completamente esaustiva di ciascuna ipotesi esecutiva reale.
Per far capire meglio al lettore cosa intendo dire, pongo di seguito due casi limite:

  • tipologia “smontabile/stagionale”, laddove la dimensione della piscina risultasse “notevole” e recasse un “impatto” tangibile sotto il profilo della conformazione planimetrica dell’area pertinenziale, l’intervento non sarebbe più classificabile come “esente autorizzazione”, bensì soggetto a “procedura semplificata”
  • analogo discorso nel caso in cui per installare la medesima tipologia di piscina, fosse necessario intervenire sulla vegetazione esistente nell’area pertinenziale (Es. taglio di piante) comportante quindi una “significativa variazione della morfologia vegetazionale” e/o necessitasse di anche piccoli scavi/riporti di terreno utili al posizionamento, quindi con “modellazioni del suolo incidenti sulla morfologia del terreno”.

Piscine in aree tutelate dal vincolo idrogeologico

piscina crollata per dissesto idrogeologico

L’attuale disciplina regionale in materia rappresentata dalla Legge Forestale 39/2000, stabilisce che (Art. 42 comma 3)

“Nei territori comunque soggetti a vincolo idrogeologico sono altresì soggetti ad autorizzazione:
a) la trasformazione dei terreni saldi in terreni soggetti a periodica lavorazione;
b) la trasformazione della destinazione d’uso dei terreni attuata per la realizzazione di edifici, manufatti edilizi, opere infrastrutturali ed altre opere costruttive;
c) la realizzazione di ogni opera e movimento di terreno che possa alterare la stabilità dei terreni e la regimazione delle acque.”

In considerazione di quanto disposto dalla suddetta Legge, in caso l’installazione/costruzione della piscina (manufatto edilizio) sia da attuarsi in area sottoposta a tale vincolo, dovrà essere richiesta la preventiva autorizzazione.

Anche in questo caso non vi è una specifica distinzione normativa tra tipologia “stabile” e modello “amovibile”, per cui il carattere impositivo della norma assume carattere incerto non univocamente interpretabile.

Tuttavia, dovessi esprimermi, in senso generale ritengo che, per questa fattispecie siano da ritenersi soggette ad autorizzazione le sole piscine “stabilmente collocate e permanenti”, lasciando indenni da tale procedura quelle “smontabili/temporanee”, naturalmente salvo il caso in cui per posizionare quest’ultime debbano essere eseguite delle opere e movimenti di terreno che possano pregiudicare la stabilità dei terreni e la regimazione delle acque (si pensi ad esempio il posizionamento di una piscina smontabile in un terreno in declivio ove per questo motivo occorra eseguire un “riporto” di terreno per creare un idoneo piano di posa orizzontale).

Piscine e normativa sismica

Piscina “artigianale” sul balcone: quanto durerà?

Affrontando questo “connubio” andiamo ancora più sul complicato e contrastante (purtroppo). Oltretutto entrando in un campo che esula dalla mia specifica competenza mi limiterò a fare cenno dei “cardini normativi” che regolano la materia, in ambito nazionale e regionale, demandando più ampia e opportuna valutazione del caso reale a cura di un ingegnere civile/edile (figura competente in materia).

In ordine alla normativa statale assume valore di carattere generale il Capo IV “Provvedimenti per le costruzioni con particolari prescrizioni per le zone sismiche” del T.U. Edilizia DPR 380/01, che all’Art. 83, individua come opere soggette a detta disciplina “Tutte le costruzioni la cui sicurezza possa comunque interessare la pubblica incolumità, da realizzarsi in zone dichiarate sismiche” (tutte il territorio italiano è sismico ndr).

In ambito regionale, in Toscana, deve farsi riferimento alla L.R. 65/2014 e più precisamente al CAPO V – Disciplina dei controlli sulle opere e sulle costruzioni in zone soggette  a rischio sismico”,  che all’Art. 156 comma 2 cita testualmente:

“Ai sensi dell’articolo 83, comma 1, del d.p.r. 380/2001 , sono escluse dall’ambito di applicazione delle disposizioni di cui al presente capo, le opere e gli interventi di trascurabile  importanza ai fini della pubblica incolumità, di seguito indicati:
a) interventi di manutenzione ordinaria;
b) opere e manufatti di cui all’articolo 137, comma 1, lettera a), numeri da 1 a 6;
c) ogni altra opera, intervento o manufatto, equiparabili per entità e caratteristiche obiettive alle fattispecie elencate nelle lettere a) e b).”

Detto questo, considerando i disposti combinati di cui alle suddette lettere “b” e “c“, tenuto conto che il richiamato Art. 137 della L.R. tratta (lettera “a”) “gli elementi di arredo o di delimitazione di giardini e spazi pertinenziali”, verrebbe da supporre che siano da ritenersi “opere di trascurabile importanza ai fini della pubblica incolumità” e quindi non soggette ad alcuna prescrizione, almeno le piscine di tipo smontabile di modeste dimensioni ed aggiungo qual’ora non comportanti pregiudizio e/o alterazione dei carichi ad organismi edilizi esistenti (Es. sconsiglio vivamente di collocare una piscina smontabile, anche di piccole dimensioni, su una terrazza dato il notevole peso che la stessa assume una volta riempita d’acqua – si consideri che 1 m³ di acqua ≡ 1 x 1 x 1 m ≡ 1000 Kg ≡ 1 tonnellata!).

Quanto sopra presupposto è in un certo qual modo avvalorato e concettualmente “ampliato” dal disposto previsto dall’ art. 12 DPGR 36/R/2009 (regolamento d’attuazione della vecchia LR 1/2005 ma tutt’ora vigente ved. Art. 245 L.R. 65/2014), il quale prevede al punto “p” che siano da ritenersi “opere trascurabili” le “piscine interrate scoperte con altezza inferiore a due metri, salvo il caso di condizioni geologico-tecniche sfavorevoli di pericolosità elevata e molto elevata, così definite dagli strumenti di pianificazione del comune;”

Tuttavia al sottoscritto preme anche precisare “una sfumatura” avente però carattere rilevante e cioè, che quando la suddetta normativa parla di “opere di trascurabile importanza ai fini della pubblica incolumità”, non vuole intendere in senso assoluto che queste non devano essere “strutturalmente progettate”, bensì che non è dovuto il rilasciato dell’autorizzazione/il deposito del progetto ai sensi, rispettivamente degli Artt. 167 e 169 della LR 65/2014.

In ultimo, ritengo utile segnalare le conclusioni a cui sono giunti i giudici della Corte di Cassazione Penale riguardo la rilevanza ai fini della normativa sismica di una “piscina prefabbricata” (Cass. Sez. III n. 6591 del 17 febbraio 2012):

3.2. – Il secondo motivo di ricorso – con cui si lamenta la violazione del D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 83 e 95, sul rilievo che la natura dell’opera realizzata (una piscina prefabbricata) non potrebbe farla rientrare nel novero di quelle per le quali si pongono problemi di staticità, in relazione all’uso del cemento armato, e di pericolo per la pubblica incolumità, per quanto riguarda la normativa antisismica – è del pari infondato.
Deve premettersi che, secondo il costante orientamento di questa Corte, sono da considerare lavori di costruzione edilizia per i quali occorre la concessione non soltanto quelli di realizzazione di manufatti che si elevano al di sopra del suolo ma anche quelli aventi ad oggetto opere in tutto o in parte interrate, che comunque trasformano durevolmente l’area impegnata (ex plurimis, Sez. 3^, 29 aprile 2003, n. 26197; Sez. 3^, 27 settembre 2000, n. 12288). In particolare, la realizzazione di una piscina implica, ordinariamente, la creazione di nuove volumetrie, perché comporta l’esecuzione di lavori di scavo, rivestimento ed installazione di impianti tecnologici (Sez. 3^, 22 ottobre 1999, n. 12104).
Ne consegue, con specifico riferimento alla disciplina antisismica, che – contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente – il D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 83 e segg., devono essere interpretati nel senso che non escludono le piscine. Tali disposizioni si applicano, infatti, a tutte le costruzioni la cui sicurezza possa interessare la pubblica incolumità, a nulla rilevando la natura dei materiali usati e delle strutture realizzate, stante l’esigenza di massimo rigore nelle zone dichiarate sismiche, che rende necessari i controlli e le cautele prescritte anche quando si impiegano elementi strutturali meno solidi e duraturi rispetto alla muratura ed al cemento armato (Sez. 3^, 25 gennaio 2011, n. 15412; 24 ottobre 2001, n. 38142). Nè alcun rilievo può assumere il carattere eventualmente precario della costruzione, proprio in considerazione delle prevalenti esigenze di sicurezza alla tutela delle quali la normativa antisismica si correla (Sez. 3^ 10 ottobre 2007, n. 37322; 19 dicembre 2003, n. 48684; 4 ottobre 2002, n. 33158).
Tali principi sono stati puntualmente applicati nel caso in esame, in cui la Corte d’appello ha rilevato che l’oggetto del capo di imputazione è limitato al profilo della violazione della normativa antisismica; profilo sul quale la stessa Corte correttamente afferma che la realizzazione di un esteso scavo in zona sismica, non limitato alle sole dimensioni della piscina, ma ad altro spazio intorno ad essa per consentire l’interramento, è sicuramente oggetto della normativa in questione, anche perché incide notevolmente sul territorio, tenuto conto della sua vicinanza con l’abitazione principale dell’imputato.

In conclusione, occorre puntualizzare seriamente che la costruzione/installazione di una piscina deve essere attentamente valutata in ordine all’influenza sismica, ma anche statica che il medesimo manufatto comporta nella pratica in determinati frangenti.

E’ per questo che propongo con forza il mio consiglio, ovvero quello di rivolgersi comunque, anche per un semplice parere di valutazione, ad un tecnico competente che possa “sciogliere le riserve” in merito al caso reale, in ordine all’implicazione strutturale del manufatto da realizzarsi.

Quanto sopra salvo il “caso classico” di piscina smontabile di ridotte dimensioni, semplicemente appoggiata su un terreno pianeggiante e stabile, ove l’installazione non comporti, con buona ragionevolezza, aggravio e pregiudizio a persone e cose, nonché nel pieno rispetto di quelle che sono le prescrizioni d’uso riportate nel manuale di istruzioni allegato al relativo prodotto.

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